Il Tirreno – Ex primari, ammiragli, chirurghi e dentisti i medici volontari che vaccinano Livorno


Giulio Corsi C’è Piero Palla, per un decennio primario del Centro Trasfusionale, andato in pensione due anni fa. E c’è Manrico Bosio, che ha vissuto dentro il bunker degli Spedali Riuniti per 34 anni, 16 dei quali nelle vesti di direttore della Radioterapia, prima di andare in pensione nel 2018.C’è Angelo Uva, ex ammiraglio medico della Marina Militare, ex direttore della Sanità dell’Accademia e successivamente dell’Italia centro nord della Marina. E c’è Mauro Barbierato, anch’egli ex ammiraglio medico della Marina, arrivato fino al prestigioso incarico di capo della Sanità della Marina Militare italiana.E poi c’è Paolo Lepori, ex responsabile della Chirurgia Spinale del reparto di Neurochirurgia di Cisanello e attualmente responsabile della Chirurgia Cervicale dell’istituto di ricovero e cura Galeazzi di Milano.L’odontoiatra Maria Crysanti Cagidiaco, titolare del noto studio dentistico di piazza Attias, l’oculista Giorgio Odello, 43 anni in ospedale prima di godersi la meritata pensione, Fabrizio Orlandi, una vita a Gastroenterologia, l’anestesista Rossella Tofani, storica colonna della Rianimazione di viale Alfieri che il Covid, fino a pochi mesi, l’ha combattuto in prima linea tra le mura della Terapia Intensiva. E insieme a loro altri dodici medici livornesi ora in pensione (ma ancora attivi come liberi professionisti) che hanno deciso di dedicare una parte del loro tempo libero, gratuitamente, alla città.In tutto venti dottori, specialisti nelle branche più diverse e dal passato professionale variegato, che compongono il gruppo dei medici volontari, colonna portante della campagna di vaccinazione di massa in atto al Modigliani Forum che nel giro di qualche mese dovrebbe condurci all’immunità di gregge. Insieme a loro, lavorano anche i medici Usca, quelli reclutati con il decreto Arcuri e da poco anche i medici ospedalieri che hanno già vaccinato i lavoratori della sanità. Ma i volontari rappresentano il gruppo più numeroso e sicuramente le figure più romantiche di questa lotta al Covid, loro, per la maggior parte pensionati, che hanno reindossato il camice e sono tornati in pista. «Tuttavia rischiamo di non bastare. Nelle prossime settimane arriveranno tanti di quei vaccini che speriamo di tornare ai numeri di Pasqua, quando abbiamo somministrato 1800 dosi in un solo giorno», racconta Angelo Uva, pneumologo e coordinatore di questo gruppo. «Per questo – aggiunge – invitiamo i colleghi che volessero unirsi a noi a contattarci presso il palasport. Più siamo e meglio è».Uva è stato il primo a fare domanda. «Già lo scorso anno, a inizio pandemia, sentivo il desiderio di dare una mano, ma sapevo che per le mie condizioni di salute sarebbe stato molto pericoloso se mi fossi contagiato – racconta -. Quest’anno, non appena mi sono vaccinato, ho fatto domanda come volontario».Uva, come tutti gli altri suoi colleghi sotto i 70 anni, avrebbe potuto entrare nella lista Arcuri, dunque fare il vaccinatore dietro pagamento. «Ma da pensionato mi è sembrato doveroso fare il volontario. È giustissimo che i medici giovani vengano pagati, ma non noi».È lo stesso spirito che guida tutti i componenti di questo gruppo. Dopo Uva si sono fatti avanti altri colleghi, tra cui un folto gruppo di medici iscritti al Rotary. «Il motto del Rotary è servire al di sopra di ogni interesse personale – spiega Giorgio Odello, che dei volontari rotariani è il rappresentante -, per questo siamo qui. E poi crediamo molto nella vaccinazione, anzi in questi giorni in cui per mancanza di forniture le somministrazioni sono diminuite, stiamo scalpitando, vorremmo tutti fare di più».L’attività quotidiana dei volontari dipende dalla disponibilità che ognuno decide di dare. C’è chi come il neurochirurgo Lepori scende da Milano nel fine settimana e dedica sei ore della sua domenica alla vaccinazione, e chi come Cris Cagidiaco va a vaccinare tutti i fine settimana quando il suo studio è chiuso. «Il sabato, la domenica e il lunedì di Pasqua – ricorda Odello – ho lavorato tre giorni di seguito, al termine dei quali ero felice. La soddisfazione più grande sono i ringraziamenti dei pazienti, anche sul funzionamento della macchina organizzativa».«Giovedì scorso – racconta Uva – un collega all’ultimo momento ha avuto un problema e avevamo un turno scoperto. Io sono andato di corsa al palasport per coprirlo e nel frattempo ho allertato gli altri: nel giro di mezz’ora si sono presentati in tre». –© RIPRODUZIONE RISERVATA